L’ultimo è stato James.
Aveva 15 anni.
Ma l’hanno torturato, seviziato e poi impiccato a un albero del pane in mezzo a fiori rossi come il suo sangue.
James era un ragazzino gay, ma ha avuto la sfortuna di nascere in Sudan. E in Sudan per chi si macchia del peccato mortale di omosessualità c’è la pena di morte.
La storia agghiacciante di questo adolescente, che era il primo della sua classe e che avrebbe voluto fare il medico per aiutare la sua gente, mi è arrivata alle orecchie circa 10 anni fa. Da allora ogni volta che incontravo un paese africano per un altro reportage ho indagato anche sulle reazioni e sulle leggi che quel posto aveva in merito ai gay.
Le mie scoperte sono state dolorose.
Almeno 37 paesi africani avevano, e hanno tuttora, leggi e tradizioni orribili contro l’omosessualità. E in alcuni di queste nazioni (Sudan, Somalia, Nigeria,Niger, etc) questa “dissacrazione del sesso” veniva punita legalmente con la morte. Per impiccagione o per lapidazione.
Mi sono promessa di non affondare nell’indifferenza questa realtà assassina e ho cominciato a cercare storie e voci che raccontassero le odissee di quei giovani uomini perseguitati. Dal Kenya al Sudafrica, dalla Somalia al Camerun ho incontrato storie surreali che non mi sono mai stancata di ascoltare e quest’anno finalmente, dopo tanto lavoro, le ho messe insieme per il reportage che vedrete nella quarta puntata di Confessione Reporter.
Storie diverse ma comunque intense. Drammatiche, ma anche degne di finali felici. Di accettazione e d’amore.
Uno dei ricordi più forti? Quello di un ragazzo musulmano e gay di 18 anni che è stato rinnegato e cacciato dalla famiglia in Sudafrica e per questo ha vissuto da solo nelle strade di Joannesburg per 13 mesi. Chengo mangiava rifiuti e beveva nelle pozze della pioggia con i suoi amici corvi. Poi, un giorno, qualcuno dei suoi compagni di strada gli ha parlato di un Imam, anche lui omosessuale, che accoglieva i ragazzi gay cancellati dalla comunità e che gli permetteva di pregare nella sua moschea “perché Dio ci ama lo stesso”.
Quest’uomo speciale, e molto religioso, ha avuto il coraggio di parlare della sua storia, della vergogna ma anche del coraggio trovato per confessare alla sua famiglia il suo amore per un compagno. Scoperta dopo mille avventure la strada della moschea il ragazzo ha trovato una casa e un futuro senza cattiveria.
E poi il Kenya. Qui ho raccolto le struggenti lacrime di Shakira ragazzo/a che ha vissuto un esistenza di umiliazioni e di solitudine in un villaggio-paradiso dove la sua diversità non è mai stata perdonata.
“Quando il mio compagno è morto la gente infuriata mi ha perfino impedito di seppellirlo” racconta Shakira a Confessione Reporter.
"Per loro noi siamo animali che non meritano nemmeno un dignitoso addio alla vita”.
Anche Tanya abita a Watamu come Shakira.
Anche Tanya racconta con dolcezza e rassegnazione di quella sua doppia vita forzata.
“Amo più di me stessa una ragazza, ma sono costretta a nascondermi come un topo di fogna. L’unica a capire il mio dolore è mia madre che non mi giudica e non mi ha mai fatto sentire una criminale”
In Sudafrica, un paese diviso a metà perché solo nel nord la legge permette il matrimonio tra gay ma nonostante tutto l’omosessualità viene derisa e perseguitata terribilmente, ecco lo stupro-medicina come la chiamano orrendi e impietosi uomini che si vantano dei loro crimini.
“Devono ammazzarli tutti" dice nel reportage un ragazzo avvelenato "io non mi vergognerei di sparargli come ad un appestato”.
E in questo strano paese la vergogna non è molto sentita:
“mi hanno seguito di notte, poi picchiato e stuprato fino all’alba”, racconta Jane, ragazza "lesbica”, urlavano che lo facevano per me: per farmi capire che il piacere una ragazzo lo può provare solo coi maschi. Ho passato tanti giorni all’ospedale dove da sola ho pianto tanto. Ma non mi sono arresa. Oggi vivo con Monica e insieme a lei sogniamo di aprire un negozio di piante tropicali che fioriranno come il nostro amore”
Vi aspetto Venerdì 9 Febbraio in seconda serata su Rete4 con Confessione Reporter: i figli dell'omofobia in Africa.
Stella Pende
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