martedì 26 marzo 2019

Libia, carcere assassino di figli come i nostri



Ed eccoci alla puntata che racconta il mio viaggio in Niger.

Viaggio di pochi mesi fa, ma purtroppo sempre e comunque attuale.
In Niger siamo stati i primi ad incontrare ragazzi, ragazze, praticamente bambini, che arrivavano dalle carceri assassine della Libia. Molti dopo di noi hanno raccontato le loro torture e gli orrori.
Ma pochi hanno trovato voci che testimoniano così terribilmente le sofferenze che questi giovani che affrontano viaggi di anni per conquistarsi negli altri mondi (Italia, Germania, Francia) un pezzo di vita COME TUTTI GLI ALTRI RAGAZZI DELLA TERRA BUONA, come dicono loro...

Questi adolescenti arrivano in Niger dove li accolgono i meravigliosi amici dell’UNHCR che li curano, li assistono con psicologi e medici e poi li mandano finalmente nelle città d’Europa dove troveranno familiari e amici.

Ma i segni e i tatuaggi di dolore che questi ragazzi hanno sulla pelle e nell’anima non andranno mai via.

Alcuni di loro, li ho visti con i mie occhi, non hanno più la lingua (gliela tagliano perché non possano raccontare i patimenti e le torture subite, feriti, la pelle fitta di bruciature e di cicatrici).

“I nostri occhi non vedono più, aiutateci” mia ha detto Tunda, 17 anni.  Le ragazze infatti sono tenute mesi e mesi al buio perché chi entra nelle loro carceri per stuprarle non deve essere riconosciuti. I bambini che sono con loro vedono e assistono alle violenze snaturate della madre. Ma c’è qualcosa che tiene vivi questi figli coraggiosi: la speranza che i loro racconti, le loro storie dolorose, i loro appelli possano servire agli amici, ai fratelli, alle sorelle che sono rimasti prigionieri dei boia libici.
È la ragione che ci ha spinto a girare, anche in condizioni di pericolo e di disagio, questo reportage. Accendere una luce sulle povere urla di aiuto che arrivano dall’altra parte del Mediterraneo. Guardateci stasera e, con noi, non potrete dimenticare.



Stella Pende

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