Foto da The Guardian.com |
Donne con la faccia libera dai veli carnefici. Donne che hanno urlato la loro fame di libertà guardando in faccia la paura. Donne che hanno sfilato a Kabul verso il palazzo presidenziale per avvertire gli occupatori che non si rassegneranno al carcere che ha imprigionato le loro madri e le loro nonne. Ma quelle sessanta, tra ragazze, bambine e madri che hanno marciato sabato scorso nelle vie della capitale dell’Afghanistan ostaggio dei nuovi talebani, sono state fermate con la violenza. Con le spinte. Con le bastonate. Ma non credano i Nuovi talebani che potranno fermarle ancora una volta. Quelle femmine eroine sfideranno il carcere, forse la morte, ma nessuno ormai potrà comprare né ascoltare il loro silenzio.
Da settimane ormai da tutto il mondo arriva l’abbraccio e la commozione per le “nostre” afghane di oggi. Appelli, aiuti, articoli, programmi televisivi raccontano della sorte di queste nostre sorelle che dopo un tempo di conquiste, di scuole, di studi e di lavori rischiano di affondare ancora una volta nelle sabbie nere del fondamentalismo islamico. Ma un pensiero mi arriva nella testa da giorni e giorni: è vero che l’Afghanistan è stato fatalmente rapito dagli orchi del burqa... é vero che la cronaca si occupa giustamente dei destini di quel paese sfortunato e addolorato da troppi anni... ma quanto durerà tanto interesse, tanta partecipazione, tanta indignazione? L’autunno delle nostre politiche, delle nostre finanze, dei nostri problemi asciugherà forse la comunione e la solidarietà con i cittadini afghani? È davvero un grande timore il mio.
Corsi e ricorsi…Chi parla, chi pensa oggi infatti a quella che era la terra più bella, più brillante, più affascinante del Medio-Oriente, una terra che oggi non esiste più, perché una guerra feroce voluta da un dittatore brutale, Bashar al Assad e dai mostri dell’Isis, l’hanno ridotta a un cumulo di rovine e di pianto? Chi ci parla più delle donne e delle bambine siriane che l’Occidente ha abbandonato a una sorte feroce? Che hanno perso case, famiglie, scuole e futuro?
Selim un caro amico di Aleppo, ieri professore di letteratura in quella città divina martoriata e oggi operaio in una fabbrica aBrescia, mi ha detto qualche giorno fa: “sono scappato dal mio paese e dalla mia vita dopo aver perso due figlie e una moglie sotto un bombardamento. Perché nessuno si ricorda di noi, perché nessuno piange la nostra terra di morti?"
Perché???
Stella Pende
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