domenica 19 novembre 2017

La morte di una giornalista senza paura

Giornalista maltese Daphne Caruana Galizia


Soltanto fruscii di notizie sull’omicidio di Daphne Caruana Galizia, la giornalista senza paura uccisa a Malta. 

Daphne è stata dalle elezioni del 2008, tempo di apertura del suo celebre blog, cronista  coraggiosa e puntuale. Già dal suo primo pezzo datato le 2:30 di mattina,  il goal di Galizia era più che palese: tolleranza zero per la corruzione. 

Dopo  il primo “sparo” Daphne ci prende gusto e non smette di scrivere la sua rabbia contro i "ladri che saccheggiano il paese e umiliano il governo stesso”
Il primo obbiettivo da abbattere allora era Alfred Stant, stella del partito laburista, che per guadagnarsi i voti girava col suo pullman fitto di collaboratori e di majorette. Alfred giurava ai maltesi che con lui l’isola avrebbe cambiato faccia e che la pulizia dello stato e dei relativi politicanti doveva raggiungere la purezza delle acque del mare maltese.
In nove anni la giornalista ha scritto 21.630 post. Tutti conditi con la medesima eroica fame di non lasciare pace a chi voleva affondare la sua isola dentro una palude di impunità e vergogna. 

Daphne era diventata  la cronista più letta di Malta. 400.000 visite al giorno su 430.000 abitanti. La gente maltese si fidava solo del suo pensiero, si consolava di avere tra i suoi cittadini anche un’eroina della verità. 

Poi alle 3 del pomeriggio del 16 Ottobre una bomba piazzata sotto l’auto di Daphne  esplode. 
Oggi i segni della sua morte ingiusta restano fra gli aceri bruciati che si affacciano sulla strada appena fuori dal paese di Bidnija, dove lei abitava. Sarebbe importante che questi segni, che queste bruciature, che il ricordo di questa morte, restassero anche nella strada del cuore di tutti noi.


Stella Pende

domenica 12 novembre 2017

E adesso Kenyatta deve cercare la pace

Illustrazione Kenyatta drawing


il 26 ottobre, per la prima volta nella storia dell’Africa, il Kenya ha ripetuto le elezioni presidenziali. Quelle del 6 agosto scorso infatti sono state dichiarate illegali per via di brogli da un giudice davvero coraggioso. 

Purtroppo in questa seconda chiamata alle votazioni il leader dell’opposizione, Raila Odinga, ha invitato i suoi figli politici a ignorare le urne. Dico purtroppo perché, naturalmente, il suo rivale Uhuru Kenyatta, già presidente negli ultimi anni, ha ottenuto così, comodo comodo, il 98% dei voti. 

Alcuni seggi, locations da sempre predilette dall’opposizione, come Kisumu, patria di Raila, non hanno visto neppure l’apertura. Tutto per paura che gli scontri già avvenuti nelle terre più vicine all’opposizione (tre morti) si incendiassero ancor più.

Leggo e sento già volare  gli interrogativi che i media del mondo, soprattutto italiani, si porranno davanti ai fatti. Quale terrore travolgerà ora questa terra d’incanti che per noi italiani è da sempre considerata l’Africa Italiana?
Quante volte mi accade infatti di sentirmi dire: ma tu vai in Kenya? Sei impazzita? È molto più pericoloso di tutto? ...preoccupazioni comprensibili, vista la campagna stampa regolarmente dedicata alle terre keniote da noi giornalisti italiani che amiamo mostrare  soltanto furie e conflitti a fuoco conditi di cadaveri.

Ma dedichiamo solo tre righe ai reali drammi che corrono nelle altre afriche. 
Al momento, per esempio, nella Repubblica “Democratica” del Congo centinaia di bambini e di famiglie soffrono e muoiono per la nuova carestia. 
Nel Sud Sudan continuano le carneficine che ormai da decenni ammazzano e torturano i civili. Non parliamo del Centrafica dove la guerra ha seminato morti e feriti a migliaia. 
Ma davanti a questi orrori, dai media italiani neppure un respiro. 

Se però una pensionata viene uccisa in Kenya dallo spasimante nero, la notizia si traveste subito di sangue: due poveri pensionati ammazzati ferocemente da criminali in Kenya. Peccato che il pensionato non fosse nemmeno defunto e che la truppa di criminali neri fosse ridotta al corteggiatore  rifiutato e al suo complice.
Insomma, non che un omicidio vada festeggiato con un pigiama party. Ma vogliamo intrattenerci sul sangue e sugli orrori italiani? 
A Brera, cuore della movida milanese, un ragazzo è stato quasi ammazzato a calci e pugni, due marocchini hanno sparato a un complice, mio figlio è stato rapinato da due ragazzini “per bene” arrivando a casa senza scarpe, cellulare , piumino, né portafogli e con un dente in meno... di ciò nemmeno un sussurro di righe su qualunque foglio quotidiano... ma per il Kenya, paese di terrore, ogni sussurro di scontri, scippi, incidenti, sempre e solo titoli incendiari sui giornali più letti. 

Torniamo a bomba.
Un esempio? John Magufuli in Tanzania ed Edgar Lungu nello Zambia hanno, anche loro, stravinto le elezioni presidenziali nei rispettivi paesi. Elezioni però molto contestate. Con manifestazioni, feriti e rabbie. 
Anche in quelle due magnifiche terre quasi la metà degli elettori aveva votato per i candidati dell’opposizione.  
Magufuli e Lungu però non hanno approfittato della loro vittoria per aprire ai loro rivali cercando mediazioni e pace. Anzi. Hanno soppresso e oppresso ferocemente gli oppositori, regalando ai loro paesi caos, economia tremante e malcontento. Un errore che, quella e’ la nostra piena speranza, il presidente Kenyatta non deve fare. Per il bene dei kenioti e per la salute della sua terra potrebbe invece riavvicinarsi all’opposizione, aprire ad Odinga che da secoli esce sconfitto (ingiustamente?) dalle tenzoni elettorali, e trovare la maniera di curare le ferite e le delusioni di quel vecchio leone ferito. 
Così facendo, forse, il Kenya troverebbe quella stabilità e quella felicità che merita, regalando a chi lo ama e a chi crede nella sua bellezza (il turismo è uno dei punti forti del paese) un paradiso finalmente libero da ogni inferno.  



Stella Pende