lunedì 30 settembre 2019

Se sono cinesi non importa

Scontri tra polizia e manifestanti a Hong Kong


Si parla tanto delle meravigliose manifestazioni dei ragazzi verdi! 
C’ero anche io l’altro ieri insieme a queste facce di bambine e bambini, ho visto tanti piccoli in carrozzella con le loro mamme, e spero che visto che il mondo è ormai sottosopra, davvero gli adolescenti del pianeta possano fare di più di quello che non abbiamo fatto noi. 

Voglio ricordare pero’ che il 19 settembre Amnesty International ha parlato di una sua indagine con notizie terrificanti sulle violenze della polizia sui manifestanti di Hong Kong. 
"Prove di tortura e molti violenti abusi prima e durante la detenzione, anche contro poveretti che non opponevano alcuna resistenza”

Che ormai alla Cina venga perdonato tutto (dal mangiare i cani alle torture) i nome della supremazia economica, lo sappiamo tutti. Ma che i media italiani non abbiano sprecato una riga su quest’ennesima dissacrazione della costituzione gialla, mi fa davvero arrabbiare. 
Tanto noi italiani siamo pronti a parlare e ad eccitarci sui forestieri fenomeni della moda, di quelli della cucina, della salute, del cinema…tanto non ce ne importa un ben amato nulla delle violazioni ai diritti dell’uomo. Se questi diritti varcano le alpi. 
Peccato!


Stella Pende

martedì 17 settembre 2019

Allerta rossa nel Sahel. A un anno dal rapimento di padre Gigi

Padre Gigi Maccalli con i bambini africani


A un anno dalla scomparsa di Padre Gigi Maccalli, il missionario rapito un anno fa a Bomoanga, a 125 chilometri dalla capitale del Niger Niamey, nessuno sembra parlarne più.

Voglio condividere con voi un'intervento di Padre Mauro Armanino, molto chiaro, diretto e commovente. 

In Argentina si parlava di ‘desaparecidos’, scomparsi senza lasciare traccia. Durante il mio soggiorno a Cordoba, uno degli epicentri della repressione militare, avevo avuto modo di conoscere alcuni famigliari degli scomparsi. C’era in loro il doloro sordo di un’assenza inspiegabile e del sospetto che il congiunto fosse ancora tenuto in ostaggio da qualche parte. Oggi, 17 settembre, è passato un anno esatto dal rapimento di padre Gigi Maccalli, compagno di viaggio nella nave di sabbia del Sahel. Lui, un lanciatore di allerta di quelli autentici. Lui che, con la sua comunità, ha complottato per rendere di nuovo ‘pericoloso’ il vangelo che ci ricorda che siamo umani. Perché in ultimo di questo si tratta nel Sahel come altrove nel mondo. Portato via una notte di settembre dopo le vacanze, dopo aver fatto scavare pozzi, accompagnato ammalati in città, aperto scuole, cliniche e un fragile centro di aiuto per bambini mal nutriti. Lui che parlava la lingua del suo popolo e che dal suo popolo era stato colonizzato. Aveva inaugurato con fierezza una cattedrale contadina che lui considerava con ingenua fierezza la prima ‘Basilica del Sahel’ fatta di sabbia e di sogni inesplorati. 
Le allerte accompagnano ormai la vita dell’Occidente e, senza darlo a vedere si sono propagate dappertutto. L’inutile allerta per le inondazioni che solo nel Niger ha causato la morte di circa 60 persone e ha creato miglia di sfollati. L’allerta per gli attacchi dei terroristi che ha portato al prolungamento dello stato di urgenza in tre regioni del Niger, la chiusura di scuole e l’arresto del servizio sanitario di base per migliaia di poveri. L’allerta indirizzata ai cittadini di origine europea tramite una cartina che colora di rosso il Paese intero con eccezione della capitale e di una striscia che si avventura verso la frontiera del Benin. Una zona tassativamente sconsigliata o vietata ai cittadini europei. C’era invece a Genova e provincia l’allerta gialla per possibili precipitazioni a carattere temporalesco. Sono, infine, sempre più diffusi i cartelli che allertano e invitano i cittadini a fare attenzione perché l’area in questione è sotto sorveglianza video. Si allerta per dare sicurezza a cittadini che sono stati preventivamente paralizzati da angoscianti notizie su possibili infrazioni all’ordine pubblico. Le società hanno fatto delle allerte un sistema di controllo globale.
Le allerte dovrebbero essere ben altre e padre Gigi ce lo ricorda. L’allerta della grande guerra contemporanea che è la fame, quella delle disuguaglianze abissali che rendono ancora più profondo il fossato tra il Nord e il Sud del mondo. Per l’apartheid globale che divora i poveri e li vende per un paio di aiuti che ne perpetuano l’esclusione. Per il tradimento che continua a perpetrarsi tra chi ha il diritto alla mobilità e chi, invece si trova nell’immobilità dei cimiteri di sassi e di mare. Sono infatti 25 la settimana i migranti in Africa a morire prima ancora di raggiungere la riva del mare dove li attente l’altro battesimo senza nomi da nomi. Padre Gigi è lui stesso, assente, presente, scomparso, prigioniero, ostaggio, perduto, libero, silenzioso e assordante, l’unica allerta che meriti questo nome. La sua vita invisibile è l’allerta che grida nel Sahel l’ingiustizia degli ostaggi della miseria che arma il vuoto creato dalla dignità confiscata ai poveri. La sua è l’allerta di chi ha tradotto il silenzio in grido per chi, come lui, è stato portato via dall’astrazione di una religione resa ideologia perdente di potere. Di questo dovremmo dare l’allerta. 
Da gennaio a luglio di quest’anno, secondo un rapporto dell’ONU, nella sola regione di Diffa nel Niger sono scomparse 179 persone e tra di esse 44 donne. Per alcuni è stato pagato il riscatto mentre altri sono scomparsi alla maniera di padre Gigi seppur di religione diversa. In realtà quei contadini, poveri e senza volto, diversamente da lui, erano già scomparsi dalle priorità delle politiche del Paese. Di loro e di questo mai nessuno ha dato l’allerta. ‘Liberate padre Gigi’, scrivono i suoi amici di Crema, Genova e Niamey la capitale nel Niger. Ora l’allerta sta tutta nelle nostre mani e solo possono declinarla gli insorti.
Ed è per allertare che, nella diocesi di Niamey,  quest’oggi non si celebrerà la messa da nessuna parte. 

                                                                                             Mauro Armanino, in treno, settembre 2019

martedì 10 settembre 2019

Evviva la terza media!

Teresa Bellanova ministro dell'agricoltura italiana


Quanto dovrebbero imparare i professori di politica dalle lingue tinte di polonio, i giornalisti  e i direttori di giornalisti fabbricatori di odio, i superlaureati e masterizzati che palleggiano  quotidianamente con insulti, bestialità ed ignoranze...
si, quanti di loro dovrebbero imparare dalla femminilità, dall’intelligenza e dall’ironia di Teresa Bellanova neo ministra dell’agricoltura! 

Teresa non avrà nel suo curriculum un master alla Columbia University di New York, ma un lontano passato condito di macchine agricole e di amici braccianti, ma con la sua terza media si è mangiata a burro e sugo tutti i caproni da oscar che l’hanno derisa sui social, ormai fogna favorita di rifiuti umanoidi. Erbivori cornuti che hanno sfottuto la sua bassa cultura e le calze azzurre, troppo ordinarie del suo abito ministeriale! 

Cara Teresa togliti la soddisfazione di fare un esame sulle capitali italiane ai più, e ai meno, illustri dei tuoi colleghi dal parlamento in giù, e scoprirai che gli stessi che chiacchierano i tuoi volant confondo il Molise con il Trentino….credimi!

Dunque Welcome Teresa! E sappi che  il tuo azzurro, color del cielo più bello, ha illuminato il cuore di tutte noi. 
E tutte siamo con te!



Stella Pende

domenica 8 settembre 2019

Calci a un bambino: era immigrato

bambino africano di spalle


Ieri è stato trovato il nome e “la faccia” dell’uomo (può il signore chiamarsi tale?) che ha preso a calci un bambino di tre anni che aveva compiuto il crimine di accostarsi alla carrozzina del loro figlioletto. Il problema dell’Italia è l’immigrazione o la ferocia della stupidità?

Qui la notizia in un articolo di Fanpage.it



Stella Pende

martedì 3 settembre 2019

Rapimento e vergogna! Diteci la verità su Silvia

Silvia Romano guarda il tramonto africano

Inquietante! 

Dopo 9 mesi dal terribile sequestro di Silvia Romano, volontaria della Ong Africa Milele a Chakana, villaggio del Kenya, la corte riunita a Malindi nel processo del 30 agosto ha cambiato incredibilmente l’imputazione degli attori materiali del  rapimento. 

Colpo di scena! 
Da colpevoli di rapina a responsabili di crimine ai fini di terrorismo. 
Perché, i tre criminali, lontani dall’essere delinquenti comuni in cerca di denaro facile, come hanno predicato sempre le autorità keniote, hanno seguito invece alla lettera il piano molto studiato di Al Shabaab, i più feroci fra i terroristi africani. 

Silvia sarebbe insomma nelle loro mani come ostaggio in Somalia! Si, è questo l’ultimo sospetto e l’ultima notizia che esce da questo processo burletta dove, è evidente, il governo keniota si è voluto lavare le mani da un crimine che aveva infangato la loro terra.

Al proposito ecco qualche domanda:
Ma perché i kenioti hanno impedito ai nostri investigatori e ai carabinieri dei ross di indagare e di “cercare” Silvia subito dopo il rapimento? 
Inoltre come si spiega che i tre colpevoli, tra l’altro rei confessi, sono stati lasciati fino al 30 dello scorso mese in libertà vigilata?
Come potevano ladruncoli comuni pagare una cifra così alta per la cauzione? 
Ma poi, è una fonte molto autorevole che lo ricorda, non è forse vero che i nostri investigatori avevano sospettato da subito che quella poverina fosse stata trascinata in Somalia? 

Queste e altre domande si sono perse nel vento caldo della Dachota Forest, dove i signori kenioti hanno indagato, seguito, perlustrato con droni, loro dicono, con il risultato che mai silvia è stata riportata alla sua straziata famiglia e alla vita. 
Eppure importanti segni del suo passaggio sono stati trovati nell’area del campo profughi di Dadaab, fucina di terroristi. Nella boscaglia le sue treccine bionde, riconosciute dalla parrucchiera che gliele aveva applicate e anche il ciondolo dell’Africa che portava al collo…come se, povera Silvia, avesse voluto lasciare tracce di sé…. un Pollicino senza favola che non abbandonava le speranze di esser ritrovato. 

Una speranza, per favore, che deve diventare anche nostra. 
Una speranza che non deve più affondare nel silenzio e nelle infami polemiche sui volontari delle Ong che dovrebbero starsene, secondo la nostra Lega, a casa loro, invece di andare in giro per il mondo a fare guai! 
Vergogna! 

Silvia non è solo figlia di questo tempo pieno di giovani meravigliosi dediti alla cura degli altri. Potrebbe essere anche figlia di ognuno di noi. Anche figlia dei signori e delle signore della lega. non dimentichiamolo. non abbandoniamola.