Luigi di Maio e Matteo Salvini in un "mostro politico". Da un articolo de Il Foglio |
Che dire del putiferio incendiato dalle ultime elezioni?
Forse dopo decine, anzi centinaia di programmi tv, tonnellate di carta stampata, di speciali e di inchieste prodotte in Italia dove gli ultimi rumori vedono il ministro Calenda sul cavallo dell’eroe salvatore del PD, dove il Movimento 5 Stelle, vincitore assoluto nelle urne, reclama il suo ruolo di premier al governo, dove la Lega di Matteo Salvini avanza la sua leadership sul centro destra, si forse varrebbe la pena di guardare a come la stampa straniera, cioé a come l’Europa e l’occidente tutto, considerano quest’ultimo atto della nostra politica.
“La lagrimas del caiman” titola il quotidiano El Pais raccontando che l’imperatore del centro destra Silvio Berlusconi non è arrivato a “fare il botto” di voti che Forza Italia metteva già nel sacco.
“De venqueurs sens majotité en italie” grida in prima pagine il francese e autorevole Le Monde, spiegando che nonostante la vittoria suprema dei 5 Stelle e quella della Lega al nord oggi nessuno in Italia ha la maggioranza per governare.
Ma l’articolo che illumina di più, a mio avviso e non a caso, è quello firmato oggi da Beppe Severgnini sulla prima pagina del New York Times. un editoriale che da una parte interpreta perfettamente gli umori americani dopo il voto italiano e che dall’altra ci dà già dal titolo il termometro della febbre italiana.
“For italians the dolce vita turns angry”.
Per gli italiani la dolce vita diventa arrabbiata.
Beppe spiega che stando ai fatti gli italiani ci hanno regalato l’immagine di un’Italia bipolare, il nord in mano alla rabbia contro l’immigrazione, catturato dalla Lega, il sud preda dell’amarezza e della voglia di vendicare la propria povertà e i disagi.
Ed ecco l’identikit delle due forze politiche che nella nostra patria hanno trasformato la delusione in voti.
Per prendersi la maggioranza dei voti i due registi di questi due schieramenti assolutamente lontani nella politica e nei “valori” hanno puntato ambedue su due cavalli vincenti.
Di Maio, leader avelinnese del Movimento 5 Stelle sempre incravattato e lindo come un cavallino rampante dei poveri, è entrato nella disperazione della miseria e della disoccupazione del profondo sud offrendo sussidi per i bisognosi, più soldi pubblici e perfino un reddito di cittadinanza per ogni singolo italiano pari a 45 bilioni di euro, una cifra stellare che le nostre casse non potranno mai nemmeno sfiorare.
“Forse gli italiani sapevano bene che questa promessa era concretamente impossibile da mantenere” scrive Beppe Severgini. Ma non importa: a un movimento che si mette dalla parte degli abbandonati e dei poverini si perdonano anche gli eccessi. Almeno in quelle regioni che sono considerate le prime in merito a disoccupazione, miseria e fame. Come la Calabria, la Sicilia e la Sardegna.
Il baldo e simpatico Matteo Salvini invece ha cavalcato quella che è oggi la paura più bollente che attraversa come un serpente assassino il nord Italia: quella dell’immigrazione. Come invasione e come sciagura. Per la sicurezza e per il furto del lavoro che agli italiani (che non fanno ormai da tempo certi lavori umilianti e pesanti) potrebbe mancare.
Il prode cavaliere della lega infatti ha nutrito i suoi comizi e le sue apparizioni televisive con scenari apocalittici che avrebbero impensierito anche Dario Argento. E questo contando su numeri veri: il 58% degli immigrati vive nel nord, il 26 nel centro, il 12 nel sud e solo il 4% nelle isole.
Potranno il Movimento 5 stelle e la Lega illuminare finalmente quelle terre del nostro paese che in barba alla bellezza suprema vivono nel buio di economie e risorse?
Nessuno può saperlo. Nemmeno Severgnini.
Stella Pende
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