Parevano davvero tre nuvole col naso quei 3 cuccioli affiorati dalla neve che ha ingoiato l’albergo Rigopiano. I carabinieri forestali con i vigili del fuoco hanno dovuto distruggere un muro per salvare quei canetti, orsi bonzai, attaccati uno all’altro accanto alla caldaia nelle cantine. Li hanno stretti sorridendo in quella giornata buia di buone notizie. Poi li hanno portati ad incontrare i loro genitori Lupo e Nuvola, due pastori abruzzesi, giganti della montagna e mascotte dell’hotel che, misteriosamente, sono riusciti ad arrivare a valle poco dopo la tragedia.
Vi chiederete come è possibile scrivere di cani, quando decine di vite di uomini e donne sono ancora affondate nel ghiaccio. Quando tante famiglie, travolte da questo terribile lutto, piangono i loro amati o aspettano disperate notizie di padri e figli? Come si può occupare di animali, una giornalista che fruga nel dolore dei dimenticati del mondo? ...Eppure ho suggerito questo articolo perché mi pare giusto sapere finalmente quanto è valoroso e importante il lavoro che certi cani fanno per restituire la vita a uomini, donne e bambini in Abruzzo e dovunque nel mondo. Quanti successi nei ritrovamenti di disastri naturali, di terremoti e di valanghe, quanta fatica e dedizione si deve a loro. Proprio loro di cui parliamo magari per condire il nostro articolo denso di vero dolore con “una nota” di colore.
Sulle rovine dell’hotel Rigopiano, Corto, Diana, Laika e Sally sono arrivati con le squadre delle unità Cinofile del Centro del Soccorso Alpino. Lì, dal primo momento, uomini e cani hanno lavorato nel gelo per notti e giorni senza fermarsi. I cani hanno indicato spesso il luogo giusto, quel pezzo di neve esatto che nascondeva tanti metri più sotto una donna o un bambino che continuavano a sperare nella vita.
Le rovine dell'hotel Rigopiano dopo la valanga del 18 Gennaio 2017 |
“Loro fiutano. Noi scaviamo" Matteo Gasparini, responsabile del soccorso alpino della Valdossola, lo ha detto sincero, perché sa che questi eroi a 4 zampe possono fiutare una vita fino a 5 metri di profondità. Perché sa che il lavoro nobile e coraggioso dei suoi colleghi è stato aiutato dai loro amici pelosi. Sa quante persone sopravvissute sono state estratte grazie a loro.
Vengono da addestramenti molto impegnativi questi cani. Le scuole che formano le unità cinofile sono specializzate nella ricerca in superficie, nelle valanghe e nella ricerca di persone disperse. “Quando un cane ha fiutato la presenza di un sopravvissuto ha comincia a girare su sé stesso, a scodinzolare e a impazzire dalla felicità” ha raccontato un amico dei vigili del fuoco. Queste scuole altamente considerate fondano il loro valore nel rapporto tra l’uomo e il cane che diventa simbiotico e infrangibile. L’animale serve il padrone con felicità, il suo è un darsi totale. Mesi e mesi di addestramento finché il peloso può muoversi in terreni inagibili in totale sicurezza e destrezza.
Bretagne e la sua padrona Denise a Groud Zero dopo gli attentati dell'11 Settembre |
La storia delle unità cinofile arriva dal lontano 1960. In quei giorni nei pressi di Salda, Alto Adige, “un meticcio qualunque” di nome Mohrele, cane di una famosa guida alpina del luogo guaisce e gira in tondo sul luogo dove un anno prima è arrivata una valanga. Il padrone decide di scavare e trova il corpo del parroco del posto che tutti cercavano da tempo. Da lì al 1968 quando si celebra il primo concorso nazionale per cani da valanga. Ma ci vorranno ancora vent’anni perché le unità cinofile vengano riconosciute a livello nazionale. Del resto Rigopiano non è certo il primo palcoscenico dove questi amici dell’uomo e della vita hanno fatto la loro parte di protagonisti. Li ho visti scavare senza sosta e con le zampe ferite dopo il terremoto dell’Aquila e dopo quello di Amatrice. E come dimenticare il coraggio di Bretagne, il Golden Retriver che dopo la caduta delle Torri Gemelle ha scavato a Ground Zero dieci giorni accanto alla sua istruttrice Denise Corliss salvando decine di vite? E ancora Ricky, una montagnetta di peli ricci, che in India dopo il terremoto orrendo del Gujarat, proprio davanti al pianto di noi giornalisti, ha tirato fuori dai crateri della terra un bambino di 4 anni stretto al suo collo.
Oggi i cani della valanga lavorano ancora accanto all’eroismo dei soccorritori.
Oggi nell’era della gloria tecnologica, la generosità di un cane resta ancora la possibilità e la speranza di salvare una vita.
Stella Pende
Nessun commento:
Posta un commento